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La cucina ottomana: carne, pilav e kiremit


cig kofte preparazione ottomanaQuando si parla di Turchia si finisce per parlare, piuttosto noiosamente a dire la verità, sempre e solo di kebab. Si tratta di una grande ingiustizia nei confronti di una delle tradizioni culinarie più importanti del mondo.

Oggi parleremo di quella che è la madre della cucina turca moderna, ovvero quella ottomana, un insieme di piatti che hanno allietato i pasti di sultani, califfi, visir e grandi generali di quello che era, un tempo, uno degli imperi più importanti del mondo.

Prima di cominciare questo viaggio tra le cucine dei palazzi di Istanbul, è bene ricordare che quella ottomana è una cucina fatta di contaminazioni: da un lato la tradizione culinaria di un popolo fondamentalmente nomade, dall’altro le tradizioni greco-bizantine, arabe, persiane, ebraiche e mediterranee, che vanno a fondersi in uno dei melting pot più riusciti che le buone forchette ricordino.

Dove si mangiava… ottomano?

Parliamo di una tradizione fatta di ingredienti ricchi e preparazioni estremamente complicate. Non è un mistero che non fosse alla portata del popolino, ma ad esclusivo appannaggio di chi abitava i più importanti (e belli) palazzi di Istanbul.


Parliamo di una tradizione che è cresciuta nei secoli, tra segreti gelosamente custoditi nelle cucine dell’imperatore e innovazioni che arrivavano da ogni parte del mondo.

C’è poco da spartire con la cucina moderna dell’Anatolia, più basata sui piatti popolari (ed economici) che venivano preparati dal popolo, anche se grazie a qualche chef si sta vivendo, almeno in Turchia, un recupero di quella che era una delle cucine più ricche della storia dell’umanità.

Tanti prodotti dal Nuovo Mondo

Forse non tutti sanno che non furono la cucina francese e italiana a sfruttare al massimo gli ingredienti che arrivavano dall’America, recentemente scoperta da Cristoforo Colombo. Furono proprio gli chef ottomani a inserire da subito nel loro portafoglio prodotti come mais, peperoni e pomodori.

Quasi tutti i piatti della tradizione ottomana, che poi era nata solo qualche decennio prima della scoperta di Colombo, utilizzano uno di questi tre ingredienti, da soli o in combinazione.

La polpetta: regina delle preparazioni di carne

I turchi, e ve lo potrebbe dire chiunque sia passato da Istanbul anche per pochi giorni, sembrano avere qualche problema a consumare la carne come facciamo noi, ovvero in blocchi da tagliare poi una volta nel piatto.

La carne è sempre tagliata a pezzettini, o sminuzzata, o tagliata in fogli stile kebab. Le ragioni sono oscure, e probabilmente comuni a tutte le cucine orientali. Il pasto si impiatta infatti già pronto da mangiare, senza che il commensale debba armeggiare con coltello e forchetta per prepararsi i bocconi.

In un contesto del genere la regina incontrastata è la polpetta. Preparata in 100 modi e in 100 salse, non c’è pasto turco degno di questo nome che non la veda al centro dell’intero pasto.

Polpette di carne alla brace

Ne esistono tantissime varianti e in turco, per la cronaca, si chiamano köfte. Prendono in genere il nome del luogo che ha inventato la ricetta, e differiscono per forma e combinazione di spezie. Se ne consumano ancora e ogni buon ristorante turco avrà le sue 4 o 5 versioni da proporvi.

Anche i sultani, dicono le cronache, ne erano ghiotti. Erano però più fortunati di noi: la carne macinata ai tempi veniva preparata rigorosamente a mano, rimaneva in grani grossi e aveva una consistenza unica, che pochissimi ristoranti della Istanbul di oggi riescono a replicare.

Cığ Köfte o polpette crude

Nella Istanbul di oggi sono difficilissime da trovare, se non nella loro versione senza carne, con il bulgur a fare da collante. Quelle originali prevedevano una mistura di spezie abbastanza piccante e carne macinata a mano, e “ammassata” per ore per cuocersi grazie alle tante versioni di peperoncino presenti nel mix.

Sono buonissime e fatevi un favore: non chiedetevi quanto sia pericoloso consumare carne cruda prima di assaggiarle. Ne vale assolutamente la pena e personalmente la golosità vince sempre sul rischio, soprattutto se sono nel mio ristorante di fiducia.

Polpette anche non di carne

La preparazione a polpetta non prevede sempre l’utilizzo di carne. Esistono polpette di zucchine (fritte e gustosissime se accompagnate allo yogurt), polpette di lenticchie e polpette di ceci. Sono ancora presenti nella cucina turca moderna e sono uno dei principali responsabili della popolarità dei ristoranti turchi in tutto il mondo.

Ne parleremo più approfonditamente in altri articoli, nei quali inseriremo anche le ricette. Voi nel frattempo, se ne avete la possibilità, andate a mangiarle direttamente in Turchia.

Cotture nella terracotta

Lo strumento che più caratterizza la cucina ottomana è sicuramente il pentolino di terracotta. Si tratta di una pirofila di forma circolare che viene spesso utilizzato per preparazioni a base di verdura o di carne. Si chiama kiremit in turco, che poi vuol dire anche tegola, ma questa è un’altra storia.

I sultani consumatano sauté semplicemente straordinari, che prevedevano in genere l’utilizzo di carne in cubetti, melanzane, pomodori, peperoni e, nei giorni più grassi, anche formaggio. 

Si tratta di tutta una tradizione di piatti che è stata in parte raccolta dalle locande turche, quei posti dove i locali vanno a mangiare per due soldi piatti che gli preparavano le nonne. Anche qui vale il consiglio di prima, se vi trovate da quelle parti lasciate perdere il kebab, e mangiatevi un ricco piatto pieno di cose buone cotte nel kiremit.

Il pilav: quando il riso è buono

A parte le aree dove viene preparato il risotto, non si può dire che gli italiani vadano poi così d’accordo con il riso. Un viaggetto in Turchia, con qualche tappa nelle locande giuste, vi farà però ricredere. Di pane se ne vede poco, perché i piatti (soprattutto quelli più sugosi), vengono accompagnati al pilav, una preparazione di riso asciutta e poco condita, che però aiuta a sprigionare tutti i profumi di questo straordinario cereale.

Anche io all’inizio storcevo la bocca, poi ho imparato a gustarmelo e a combinarlo coi piatti della tradizione ottomana. Impareggiabile con il guveç, o con qualche preparazione brodosa cotta nel kiremit.

Si tratta, nonostante il sapore blando, di un gusto acquisito. Bisogna farci il callo prima di apprezzarlo appieno.

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